Romania

<a href="http://www.youtube.com/watch?v=hcwKnMmdnK0?hl=en"><img src="http://www.settermania.it/wp-content/plugins/images/play-tub.png" alt="Play" style="border:0px;" /></a>Nel 2002, la grande affluenza di cittadini Romeni nella mia località, mi incuriosì sul loro modo di vivere; cominciai ad interessarmi come potesse essere la caccia nel loro paese….., fino a che, letteralmente allo sbaraglio, con pochissimi soldi in tasca e solo in possesso di espatrio temporaneo dell’arma , io ed il mio amico, compagno di avventure Stefano Roli. Insieme ci avventurammo alla volta della “terra promessa”…. Dopo peripezie infinite, frontiere e dogane, posti di blocco ed intoppi vari, approdammo nel capoluogo di provincia: Cluj Napoca, dove, tra un bar ed un altro, capimmo quali potessero essere le zone di caccia per selvaggina stanziale, quali fagiani e lepri, ma anche beccacce. Ci recammo quindi senza perdere tempo nel distretto di Gherla, famosa per il noto penitenziario. Non immaginavamo minimamente di passare dalla nostra civiltà assolutamente emancipata e costantemente in evoluzione, dove vivevamo nello sfarzo, all’insegna del consumismo più sfrenato e sfacciato, alla povertà, miseria e staticità economico-culturale di quel paese, dove, anche in città, transitavano, non automobili, ma vecchi carri trainati da muli e buoi.  Tali visioni ci fecero  credere di esser giunti nel paese ” di bengodi “, dove,  a  cacciatori  sfegatati come noi, tutto fosse concesso. Diedi  ascolto al mio istinto e chilometro dopo chilometro, ci ritrovammo in un villaggio dimenticata dall’umanità, abitata da zingari, lontano dalla città ed in cima ad un cocuzzolo. Chiedemmo ospitalità in un’osteria di fortuna. Stremati dal lungo viaggio, appena coricati nello stesso letto matrimoniale, piombammo in un sonno da letargo, tanto che il giorno seguente ci svegliammo a sole ben levato, dall’abbaiare incallito dei nostri cani, innervositi dalle urla dei contadini….. Era una domenica mattina di novembre; nebbia ed umidità la facevano da padrone, ma noi, per nulla impressionati dalle condizioni atmosferiche, tanto meno che dalle leggi vigenti in loco, sfoderammo i nostri “violini” calibro 12 e partimmo coi nostri ausiliari canini alla conquista di una collinetta di conifere e faggi. Feci io l’incontro col primo indigeno armato di rudimentale doppietta dopo circa un’ora di caccia….. Per quanto si sbracciasse o gesticolasse o parlasse tutte le lingue e dialetti della sua terra, io non ne capivo una parola. Da uno diventarono due, poi quattro, finchè arrivò tutta la tribù! Non avevo paura di niente e di nessuno; io ero più zingaro di loro!! Dopo urla, gesti e spinte, capii che eravamo giunti nel posto giusto, ma al momento sbagliato, in quanto trattavasi di cacciatori locali, interessati alla sola caccia del cinghiale, da cacciare un solo giorno la settimana: per l’appunto di domenica. Ci accompagnarono con le buone, ma di costrinzione, in una bettola-trattoria, dove ad aspettarci, “incazzato nero”,  vi era il direttore di caccia del distretto. Cominciò col chiederci urlando i nostri documenti e chissà quali altre cose, ma noi non capivamo!! Oltre al direttore di caccia anch’esso cacciatore, ci saranno stati circa una cinquantina di cacciatori, di cui la metà ubriachi fradici, un quarto alle prese con un paiolo gigantesco a cucinare frattaglie di cinghiale ed il rimanente incuriosito, attorno agli intrusi:” noi “!!  Il mio carattere espansivo e spesso sfacciato, mi portò per l’ennesima volta a cavarcela…., chiedendo un bicchiere del loro vino e ce ne vedemmo arrivare qualche decina…… Fecemmo una bevuta dell’altro mondo, fino a sfiancare i padroni di casa, tutti, al punto che, uno dopo l’altro, meravigliati dalla nostra indifferenza e assoluta tranquillità, ci accolsero nel loro gruppo come i primi stranieri. L’indomani, ancora intorpiditi dai vapori del vino, per altro di scarsissima qualità, ritornammo nelle vette del giorno precedente con la benedizione del direttore di caccia e di tutto il paese…. Beccacce poche, ma fagiani e lepri in quantità industriale; tanto che a distanza di qualche centinaia di metri udii sei colpi di fucile in sequenza, esplosi da Stefano…. Lo raggiunsi in fretta e furia con l’intenzione di canzonarlo per la padella, invece, sulla ferma del cane in una valletta di gerbido, uno dopo l’altro, gli si involarono otto fagiani e lui ne colpi cinque….., e a fucile scarico, tra i fagiani esanimi caduti sul campo di battaglia, inciampò addirittura in una lepre!!….. Cacciammo per due settimane interminabili, sgombrando ogni cocuzzolo, ogni bosco, ogni vallata  da qualsiasi forma di vita animale, bipede e quadrupede!!! Ogni qual volta ci  fossimo avvicinati ad una capanna, rudere o catapecchia, saremmo stati i ben venuti per pranzo o cena, ma noi, imperterriti, cacciavamo. Trovammo i posti da beccacce, ma credo di ricordare che il giorno in cui facemmo più incontri, ne trovammo quattro o cinque…. Scoprimmo posti magnifici per cesene e tordi, utilissimi per dare respiro ai cani ogni tre o quattro giorni di intenso lavoro, ma non era la nostra caccia. Capitammo addirittura in una favolosa valle, gremita di fischioni e alzavole, ma per nulla ingolositi in quanto desiderosi di veder correre i nostri cani. Comunque la caccia di valle la praticavo già abbastanza a casa, nel lago di  Lesina! Le conoscenze di magnifici posti e i contatti con i locali,  aumentavano vertiginosamente giorno dopo giorno. Durante la caccia si aggregavano a noi ragazzi nostri coetanei; loro ci facevano cacciare indisturbati assecondandoci in ogni  desiderio o richiesta e noi li sfamavamo a cartucce e salame romagnolo. La sera ci raggiungevano a far veglia con le loro famiglie, presso l’osteria dove alloggiavamo, insomma, fu un carnevale…..: caccia durante tutto il giorno dalla levata al tramonto e baracca la sera!! La nostra partenza lasciò tra quella gente umile, semplice e generosa, un buco incolmabile, a tal punto che ci ripromettemmo di far nostro e consolidare tutto quanto scoperto in quella gita, al fine di goderci quelle fantasie che ogni cacciatore in erba ha, e che, come raramente accade, per noi finalmente si erano tramutate in realtà. Facemmo progetti per l’anno successivo…. , si pensava di coinvolgere i ragazzi del posto per la costruzione di un caniletto, per poter allevare e addestrare i nostri cani.  Progettavamo addirittura di poter svernare lì, rientrando in Italia di tanto in tanto con l’ aereo… Insomma, l’entusiasmo lavorava a mille, facendoci fantasticare e godere della nostra giovinezza spensierata e sopratutto del fatto che potevamo gestirci come meglio credevamo, senza dover rendere conto a nessuno. Malgrado le scarse possibilità economiche, vivevamo una vita bella e sana, facendo tutto ciò che ci faceva star bene: caccia, caccia e stracaccia!!…. Qualche mese dopo, l’ 1 febbraio del 2003, di sera, al rientro da una cena di caccia, per fatale destino e mia distrazione, con un brusco e terribile incidente stradale si ruppe l’incantesimo e precipitarono nel vuoto  i nostri sogni e i nostri progetti. Finì la favola; persi la mia ombra, il mio unico e vecchio caro compagno di vita e di tantissime avventure, di tante cacciate, di tanti viaggi disperati e privi già  in partenza di logica e qualsiasi garanzia di riuscita, e che noi e solamente noi, riuscivamo sempre a trasformare con successo. Ritornai con dolore e lacrime sui nostri passi nell’ottobre del 2004……,vi restai per 43 giorni e durante la mia permanenza, per l’ apprensione, mi raggiunsero in aereoplano mio padre e qualche altro amico. Avevo acquisito una tale padronanza della lingua, dei posti e delle usanze e consuetudini locali, tanto da essere considerato uno di loro. Non era più come prima, ma ho continuato per un paio di anni a ritornarci  da solo, con la credenza che ad aspettarmi su quelle colline, in qui gerbidi sconfinati, in quei meravigliosi boschi e in quelle tante trattorie dove eravamo soliti ad andare per riscaldarci e mangiare i “mich”, ci fosse il mio amato Stefano, ma per tanto ci credessi, la realtà era assai più cruda…… Decisi quindi con l’amaro in bocca, di  abbandonare quel paradiso diventato malinconico, alla volta di quello che per me e Stefano da sempre rappresentava il sogno più ricorrente, ambizioso e nel contempo irraggiungibile: la Crimea !!!!…….

 

 

ROMANIA 2002

 

 

ROMANIA 2004